Adecco Inclusion, dare valore (e opportunità) alle persone

Inclusione sociale e lavorativa: Alessandro Borgialli, Adecco Inclusion Director di Adecco Italia racconta la missione di Adecco Inclusion. Scopri di più nella sua intervista.
Interviste

 

Facilitare in modo concreto ed esteso l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, operando a valle delle selezioni per fare davvero in modo che le persone, soprattutto i soggetti deboli (spesso vittime di discriminazioni, a volte del tutto involontarie), possano avvicinarsi al lavoro.

Questo, in parole molto stringate, l’obiettivo con il quale è nata Adecco Inclusion, società specializzata di Adecco Italia e frutto di una strategia globale che ha coinvolto fin da subito Italia, Francia e Spagna come “country startup” per poi allargarsi in tutta l’area occidentale e, entro il 2025, includere anche i paesi del cosiddetto emerging market.

Per capire qual è la missione di Adecco Inlcusion e quali opportunità offre concretamente alle persone abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandro Borgialli, Adecco Inclusion Director di Adecco Italia.

 

L’inclusione sociale ha come componente fondamentale l’inclusione lavorativa: è sul luogo di lavoro che principalmente si gioca la partita delle pari opportunità e dell’accesso equo al mondo del lavoro. Un principio che vale in modo particolare per alcune persone che, in determinate condizioni sfavorevoli, possono subire maggiori discriminazioni. Di che persone stiamo parlando e perché c’è maggior rischio di discriminazione?

I soggetti deboli sono persone a rischio di esclusione sociale perché faticano ad essere inserite nel mercato del lavoro, a volte semplicemente perché non sanno come potersi avvicinare. Stiamo parlando per esempio di disoccupati di lunga durata, over 50 che si ritrovano improvvisamente esclusi dal mondo del lavoro e faticano a reinserirsi, NEET (acronimo inglese che sta per "Not in Education, Employment, or Training" e si riferisce a persone che non sono impegnate in percorsi educativo-scolastici, non lavorano e non sono nemmeno impegnate in un programma di formazione), rifugiati, persone con disabilità... persone che, per varie ragioni (a volte anche solo temporanee) necessitano di un sostegno in più per essere incluse nel mercato del lavoro e, quindi, anche nella società.

Spesso queste persone che si trovano ad essere “soggetto debole” in un dato momento della propria storia personale non sanno cosa fare e rischiano di subire discriminazioni per il semplice fatto di non essere in grado di affacciarsi adeguatamente al mondo del lavoro.

Con Adecco Inclusion miriamo ad abbattere queste barriere con misure di politiche attive orientate a promuovere l’occupabilità per tutti, nessuno escluso... facendo della diversità un punto di forza, una leva di inclusione, lavorativa e sociale. In Italia ci stiamo concentrando su NEET e donne che per varie ragioni e storie personali sono attualmente escluse dal mondo del lavoro, perché sono i soggetti deboli per i quali c’è un evidente gap - in termini di azioni concrete di sostegno - tra l’Italia e gli altri paesi europei.

 

Come si mitiga il rischio di discriminazione e, quindi, di esclusione dal mondo del lavoro? Qual è il ruolo di Adecco Inclusion?

Il primo limite che abbiamo nell’inserimento lavorativo è purtroppo legato ad una scarsa conoscenza da parte delle persone del mercato del lavoro e dei meccanismi di funzionamento del mercato stesso. Le scuole non preparano alla crescita lavorativa ed i centri per l’impiego, almeno fino a qualche anno fa, si concentravano prevalentemente sulle pratiche amministrative. Le agenzie di inserimento hanno un ruolo importantissimo, ma partono dalla selezione delle persone e cercano di fare il match tra domanda e offerta di candidati.

Molte persone però, soprattutto come anticipato i soggetti deboli, non hanno una conoscenza delle dinamiche del mercato (banalmente, spesso non sanno nemmeno a chi rivolgersi per cercare un lavoro o per candidarsi) ed è questa non conoscenza a scoraggiare gli animi e ad esporre le persone al rischio di discriminazione (non necessariamente volontaria, anzi quasi sempre è del tutto inconsapevole) e all’esclusione sociale.

La situazione si risolve con un concreto supporto alla conoscenza e servizi di orientamento, per lo meno è ciò su cui abbiamo voluto concentrarci noi in Adecco Inclusion, andando addirittura un po’ controcorrente e privilegiando un modello “analogico”, fatto di incontri diretti tra i nostri consulenti e le persone che possono avere necessità dei nostri servizi.

I nostri consulenti non sono selezionatori, non è questo il nostro core business, ma persone altamente qualificate (spesso con lauree e competenze legate alla sfera della Psicologia) che si mettono, in primis, in ascolto e cercano di capire quali sono i bisogni reali delle persone, le loro difficoltà, anche le loro paure, per poter definire poi percorsi di orientamento, formazione e servizi all’occupazione efficaci. Posso dire con un certo orgoglio che abbiamo una percentuale di successo di inserimento nel mercato del lavoro del 66%.

 

Come opera nello specifico Adecco Inclusion?

Molti dei servizi offerti rientrano nell’ambito delle “politiche attive del lavoro”, che vedono la collaborazione tra la parte pubblica (i centri per l’impiego) e la parte privata (le agenzie per il lavoro).

Parliamo prevalentemente di servizi di orientamento, come quelli che cominciano con gli incontri one-to-one con i nostri consulenti, servizi di formazione (anche con Academy ad hoc con percorsi di Upskilling e di Reskilling), tirocini presso le aziende partner o quelle che già lavorano con le altre “anime” di Adecco Group, accompagnamento al lavoro... ma tengo a sottolineare alcuni aspetti particolari dei servizi che offriamo.

Per i rifugiati, per esempio, abbiamo servizi ad hoc che partono dall’insegnamento della lingua italiana e non solo a scopo di inserimento nel mercato del lavoro ma, prima di tutto, per consentire alle persone di comprendere a pieno quali sono i loro diritti e conoscere meglio il contesto socio-culturale del nostro territorio.

Tra le iniziative che portiamo avanti c’è poi quella legata allo sviluppo di un ecosistema virtuoso di integrazione, nell’accezione di integrazione delle persone nei contesti sociali e lavorativi ma anche di integrazione tra soggetti diversi che operano nel Terzo Settore. Sappiamo bene che prima di pensare al lavoro le persone svantaggiate hanno bisogno di servizi primari, spesso assenti nelle loro vite, come alimentazione, salute, abitazione. I soggetti deboli non riescono a pensare al lavoro se non hanno nemmeno un posto in cui vivere. Tra i nostri obiettivi c’è dunque anche instaurare collaborazioni proficue con enti e realtà che supportano le persone su altri importanti fronti della tutela del benessere sociale, inserendoci come soggetto che può aggiungere un tassello al raggiungimento di tale benessere attraverso l’ingresso nel mondo del lavoro.

Infine, non meno importante, operiamo anche per supportare chi si occupa di selezione, sia all’interno del nostro gruppo aziendale ma anche come servizio alle Direzioni HR delle aziende, al fine di migliorare i processi ed eliminare i rischi di discriminazione (come già ribadito, molto spesso del tutto inconsapevoli) e rendere l’inclusività un percorso davvero end-to-end.

 

Può raccontarci un esempio di percorso di inclusione realizzato a favore di soggetti deboli?

Vi racconto con molto piacere e orgoglio la storia di una persona rifugiata, fuggita dalla Nigeria. Questa persona si è ritrovata, inaspettatamente e contro il proprio volere, in uno stato straniero con tantissime incertezze e paure.

Ciò che abbiamo fatto noi è darle un supporto consulenziale, aiutarla con la lingua (in questo caso l’inglese) e, soprattutto, offrirle un percorso formativo con tirocinio in azienda. Direi che la conclusione della storia testimonia da sola l’efficacia di questi servizi, rigorosamente gratuiti per le persone, ed il valore sociale ed economico di Adecco Inclusion: la persona è stata assunta dall’azienda dopo aver concluso il suo tirocinio formativo.

 

Come vorrebbe vedere l’Italia (dal punto di vista del lavoro) nei prossimi dieci anni?

Rispondo cercando di essere pratico e diretto: vorrei che si debellasse completamente il lavoro nero, vera forma di precarietà e non inclusione che provoca danni sociali ed economici. Mi auguro che non sia solo un sogno utopico.

 



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