Quello che abbiamo detto finora ha un comune
denominatore: i contenuti. Tutti i collaboratori, infatti,
possono aiutare a diffondere contenuti, progetti e a
condividere la cultura aziendale stessa, diventandone i
primi sostenitori. L’importante, come abbiamo visto, è
farlo in maniera corretta e in linea con la strategia di
comunicazione adottata dall’azienda stessa. In questo
modo, anche alcune azioni social dei singoli
diventeranno parte di una strategia aziendale più
ampia. E, di fatto, ogni collaboratore si renderà “Brand
Ambassador”.
Cosa vuol dire? Abbiamo parlato di fonti: le aziende,
ancora più dei privati, sono attente ai contenuti falsi.
Per far sì che quest’azione abbia dei riscontri concreti,
anche i collaboratori dell’azienda dovranno prestarvi
attenzione e non divulgare bufale. La veridicità delle
loro affermazioni, infatti, e la loro capacità di giudizio,
avranno ricadute anche sull’azienda.
E se i contenuti sono generati dall’azienda? Come
dovrà comportarsi una risorsa?
Condividere contenuti aziendali sui propri canali personali, come abbiamo visto, può essere
fondamentale in una strategia social che coinvolga le risorse. Ma bisogna prestare attenzione alla
condivisione compulsiva perché si rischia di dare un’immagine poco veritiera del brand e delle sue
norme comportamentali.
In più, se un articolo che riguarda l’azienda può essere uno spunto di discussione in un gruppo, la
condivisione favorirà lo scambio di opinioni. Un suggerimento aziendale in questo senso può indirizzare
le risorse, sia quelle più avvezze ai social sia le neofite del mezzo. Ben vengano, allora, community in cui
alcune persone in azienda (es. Social Media Manager) condividono link ad articoli e progetti aziendali
stimolandone la corretta condivisione da parte dei collaboratori.
Anche il lancio di un prodotto nuovo può essere interessante e la condivisione sincera da parte di un
collaboratore può aumentare la credibilità del messaggio. Ma se un progetto è stato già comunicato a
marzo e a dicembre si sta ancora parlando del suo avvento sul mercato, c’è qualcosa che non va. A
volte si inciampa in questa inesattezza totalmente in buona fede, con la convinzione anzi di portare
valore all’azienda.
È compito, quindi, del brand accompagnare i collaboratori in una crescita costante all’utilizzo dei social.
I contenuti, poi, hanno un risvolto molto delicato: le aziende, e di conseguenza anche i collaboratori, è bene che si
tengano lontani da frasi diffamatorie, insulti (no flame, senza eccezioni!), contenuti inappropriati e discriminatori.
Anche quanto scritto sui social è regolamentato dalla legge italiana, non dimentichiamolo. Ma non solo: nessun
contenuto discriminatorio o diffamatorio può essere in linea con i valori e lo spirito del brand. Ecco perché
un’azienda, che presta attenzione a quanto detto e postato dai suoi collaboratori, avrà una strategia vincente.
Nella Social Media Policy di un’azienda, non può mancare quindi un punto relativo ai contenuti. Ecco alcuni
consigli in linea con quanto detto che potrebbero essere inseriti nel proprio vademecum.