La comunicazione della gravidanza sul posto di lavoro è un passaggio delicato ma fondamentale. In questo approfondimento scopri quando comunicare la gravidanza al datore di lavoro, cosa prevede la normativa e quali sono i diritti delle lavoratrici in gravidanza.
Gravidanza e lavoro: quando comunicare la gravidanza?
In sintesi:
Situazione lavorativa
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Quando comunicare la gravidanza
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Cosa succede dopo la comunicazione
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Esposta a radiazioni ionizzanti (o altri rischi gravi)
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Immediatamente
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Obbligo di informare l’azienda per attivare le misure di protezione previste dal D.Lgs. 151/2001.
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Esposta ad agenti fisici, chimici o biologici nocivi
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Il prima possibile
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L’azienda deve assegnare mansioni alternative. Se non possibile, avvia richiesta di maternità anticipata presso la Direzione Provinciale del Lavoro.
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Attività non pericolosa e stato di salute buono
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Dopo il 3° mese (consigliato)
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La lavoratrice può continuare a lavorare fino al 7° mese e poi usufruire del congedo obbligatorio (2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo).
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Scelta di lavorare fino a 1 mese prima del parto
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Dopo il 3° mese (previo consulto medico)
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Possibile posticipare il congedo: 1 mese prima e 4 mesi dopo il parto.
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Scelta di lavorare fino alla data presunta del parto (nuova opzione flessibile)
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Dopo il 3° mese (previo consulto medico)
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Si può lavorare fino al termine della gravidanza e usufruire dei 5 mesi di congedo interamente dopo il parto. Serve certificazione del medico e autorizzazione dell’ASL.
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In generale non esiste un obbligo immediato di comunicare la gravidanza al datore di lavoro. Tuttavia, il D.Lgs. 151/2001 prevede che le lavoratrici esposte a rischi particolari, come le radiazioni ionizzanti, informino subito l’azienda per consentire l’adozione di misure di tutela.
Per tutte le altre situazioni, il consiglio pratico è di informare il datore di lavoro dopo il terzo mese di gravidanza, quando il rischio di aborto spontaneo diminuisce, salvo che non si svolgano mansioni pericolose.
Se la lavoratrice è esposta ad agenti fisici, chimici o biologici nocivi, l’azienda deve assegnarle mansioni alternative più sicure. In alcuni casi queste mansioni possono proseguire fino al settimo mese dopo il parto. Se l’azienda non può proporre un’attività alternativa, deve comunicarlo alla Direzione Provinciale del Lavoro per avviare la procedura di maternità anticipata.
Se, al contrario la lavoratrice svolge un’attività non pericolosa e gode di buona salute, può proseguire il lavoro fino al settimo mese di gravidanza e poi usufruire del congedo obbligatorio di maternità (2 mesi prima e 3 dopo il parto).
Esistono però anche opzioni più flessibili:
- lavorare fino a un mese prima del parto, utilizzando i restanti 4 mesi di congedo dopo la nascita;
- lavorare fino alla data presunta del parto, usufruendo dei 5 mesi di congedo dopo il parto (opzione introdotta di recente).
Queste possibilità devono sempre essere valutate insieme all’autorità sanitaria (ASL/medico competente) per garantire la sicurezza della madre e del bambino.
Come comunicare la gravidanza: modalità verbale e scritta
Anche sulle modalità di comunicazione della gravidanza, la Legge non fornisce un'indicazione precisa. Di norma, la lavoratrice anticipa la notizia al datore di lavoro verbalmente. Successivamente, l’annuncio deve essere ufficializzato mediante una raccomandata A/R all’azienda.
A inviare all’INPS il certificato telematico di gravidanza è invece il medico che attesta la gestazione.
Maternità anticipata: quando è prevista e come richiederla
Fatte salve le situazioni di lavoro usurante o pericoloso, la donna verrà messa in maternità anticipata se la salute sua o del nascituro è a rischio, e se sono presenti complicanze della gravidanza o condizioni che la gestazione può peggiorare.
Per accedere alla maternità anticipata è necessario avanzare la domanda, presentando un certificato medico che attesti lo stato della gravidanza e un certificato che ne spieghi invece la complicazione. La documentazione e le modalità variano da regione a regione, motivo per cui è necessario contattare l’INPS o l’ASL per ottenere indicazioni precise su come procedere.
Esempi pratici
Caso 1 – Lavoratrice esposta a rischi chimici
Francesca lavora in un laboratorio chimico ed è appena venuta a sapere di essere incinta. Dopo aver consultato il suo medico, decide di comunicarlo subito al datore di lavoro, anche se è solo alla 7ª settimana. L’azienda le assegna mansioni amministrative prive di esposizione a sostanze nocive. In assenza di un incarico alternativo, sarebbe stata avviata la maternità anticipata per tutela della salute.
Caso 2 – Impiegata in ufficio in buono stato di salute
Laura svolge un lavoro d’ufficio e non è esposta a rischi particolari. Decide di attendere il termine del primo trimestre prima di informare il datore di lavoro. Dopo la comunicazione, concorda con l’azienda di proseguire l’attività fino all’ottavo mese incluso, optando per il congedo post-partum interamente dopo la nascita, come previsto dalle recenti modifiche legislative.
Caso 3 – Addetta alla ristorazione con mansione fisicamente faticosa
Giulia lavora in una cucina industriale e, pur essendo in buona salute, si confronta con il medico a causa delle mansioni fisicamente impegnative. Dopo la 10ª settimana comunica la gravidanza all’azienda e, in assenza di incarichi alternativi meno gravosi, viene avviata alla maternità anticipata per incompatibilità lavorativa.
Vuoi saperne di più sul tema maternità e lavoro? Consulta la guida di Adecco per conoscere ogni dettaglio, per sapere quali sono i tuoi diritti e quali gli obblighi del datore di lavoro.
Domande frequenti su gravidanza e lavoro
Quando bisogna comunicare la gravidanza al datore di lavoro?
Non esiste un obbligo generalizzato di comunicare subito la gravidanza, salvo per le lavoratrici esposte a rischi (es. radiazioni ionizzanti). In assenza di mansioni pericolose, il momento consigliato è dopo il terzo mese, quando il rischio di aborto spontaneo si riduce.
Cosa succede se non si comunica subito la gravidanza al lavoro?
Se non ci sono mansioni a rischio, non ci sono sanzioni immediate. Tuttavia, senza comunicazione il datore non può adottare misure protettive o assegnare mansioni alternative, con possibili rischi per la salute della lavoratrice e del nascituro.
Come comunicare correttamente la gravidanza in azienda?
Si può informare inizialmente il datore di lavoro in forma verbale, ma è consigliato formalizzare la comunicazione con una raccomandata A/R o PEC. Questo consente di avere una prova certa della data e del contenuto della comunicazione.
Chi invia il certificato medico all’INPS per la gravidanza?
Il certificato medico di gravidanza viene trasmesso telematicamente all’INPS dal medico che attesta la gestazione. La lavoratrice non deve inviarlo manualmente ma può verificare l’avvenuta trasmissione tramite il portale INPS.
Quando si ha diritto alla maternità anticipata?
La maternità anticipata è riconosciuta in caso di mansioni rischiose, condizioni di salute della lavoratrice o complicanze della gravidanza che possono compromettere il benessere del nascituro. Serve presentare un certificato medico con diagnosi e motivazione, secondo le modalità previste dalla propria ASL o Regione.
Quali sono i diritti della lavoratrice in gravidanza sul posto di lavoro?
La lavoratrice ha diritto a non svolgere mansioni pericolose o usuranti, a mantenere il posto di lavoro, al congedo di maternità obbligatorio (2 mesi prima e 3 dopo il parto, o 5 mesi tutti dopo il parto) e a eventuali indennità INPS durante periodi di interdizione anticipata o post-partum.
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