Quello tra maternità e lavoro è un tema da sempre dibattuto. Soprattutto quando la maternità in Italia viene confrontata con i diritti delle mamme lavoratrici in altri Paesi (Nord Europa in primis).
Ma quali sono le tutele per le mamme lavoratrici? Cosa stabilisce la legge per chi aspetta un bambino ed è assunta con un contratto a tempo determinato o indeterminato? E che cosa può fare chi svolge invece un lavoro autonomo?
Maternità e lavoro: l’importanza della sicurezza
Tra le tutele delle mamme lavoratrici, la sicurezza riveste un ruolo importante.
Il datore di lavoro è tenuto a rispettare i divieti imposti alla donna in stato di gravidanza e a permetterle di svolgere il suo lavoro senza rischi per la salute (sua e del bambino). In particolare, vige il divieto per le mamme lavoratrici di:
- trasportare e sollevare pesi;
- svolgere lavori pericolosi, faticosi e insalubri;
- esporsi a radiazioni ionizzanti, per tutta la gravidanza e l’allattamento;
- svolgere un ruolo operativo, per le future mamme in forze alla Polizia di Stato;
- lavorare dalle 24.00 alle 6.00, fino al compimento dell’anno del bambino.
Come si applicano queste tutele? Con un eventuale cambiamento nelle mansioni e, all’occorrenza, con uno spostamento di ruolo. Non rispettare questi obblighi può costare al datore di lavoro l’arresto fino a sei mesi.
La maternità in Italia: l’astensione obbligatoria dal lavoro
Dopo la sicurezza, il secondo fondamentale strumento in tema di diritti delle mamme lavoratrici è il congedo di maternità. Un tema, questo, che riguarda sia il rapporto tra maternità e lavoro a tempo determinato che il rapporto tra maternità e lavoro a tempo indeterminato.
Entrambi i contratti di lavoro prevedono l’obbligo di astensione dal lavoro: due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo. In alternativa, se la mamma lo vuole e le sue condizioni glielo consentono, il congedo di maternità può iniziare il mese prima del parto e protrarsi per i quattro mesi successivi.
Maternità anticipata
Un caso particolare è rappresentato dalla gravidanza a rischio che si applica in presenza di:
- complicanze gravi della gravidanza o malattie preesistenti che lo stato di gravidanza ha aggravato;
- condizioni di lavoro che possono compromettere la salute della donna e del bambino;
- attività lavorativa particolarmente gravosa e impossibilità di cambiare ruolo lavorativo alla donna.
In presenza di una gravidanza a rischio, la futura mamma avanzerà all'ASL la richiesta di maternità anticipata allegando il certificato rilasciato dal suo ginecologo. Se ad essere pericolose sono le mansioni o le condizioni di lavoro, la richiesta può essere avanzata non solo dalla lavoratrice ma anche dal datore di lavoro oppure direttamente dall’Ispettorato, presentando la richiesta all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Quest’ultimo delegherà poi all’ASL gli accertamenti del caso.
La maternità anticipata decorre dall’inizio della data di astensione del lavoro, se la richiesta viene avanzata all’ASL, oppure dalla data del provvedimento quando la richiesta viene avanzata all’INL.
Maternità e retribuzione
La retribuzione della maternità obbligatoria, così come della maternità anticipata, è dell’80% della paga giornaliera (calcolata sull’ultima busta paga precedente l’inizio del congedo).
Eventualmente, il periodo di astensione dal lavoro può proseguire con la richiesta del congedo parentale facoltativo. Una possibilità, questa, riconosciuta ai genitori con bambini fino a 12 anni per un periodo non superiore a 10 mesi (usufruibili per intero da un solo genitore, o suddivisibili tra i due). Il congedo parentale facoltativo è indennizzato al 30% oppure allo 0%, a seconda dell’età del bambino.
Lavoro autonomo o part-time: quali sono i diritti delle mamme lavoratrici?
In tema di maternità e lavoro part time, è bene sapere che la tutela è la medesima delle lavoratrici a tempo pieno: vale dunque l’obbligo di sicurezza e quello di astensione dal lavoro per cinque mesi.
Anche alle lavoratrici autonome l’INPS riconosce un’indennità economica, se appartenenti alle seguenti categorie:
- artigiane;
- commercianti;
- coltivatrici dirette o imprenditrici agricole;
- pescatrici autonome.
L’indennità è riconosciuta per i due mesi precedenti il parto e per i tre successivi, nella misura dell'80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge per il tipo di attività svolta.
Le libere professioniste (giornaliste, avvocati, medici, ecc.) hanno invece diritto all’indennità di maternità secondo le modalità e gli importi stabiliti dalla loro cassa.E per i papà come funziona? Scopri qui l’approfondimento dedicato al congedo di paternità.
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