Disciplinato dall’articolo 2119 del Codice civile, il licenziamento per giusta causa è la forma più grave di licenziamento: ha effetto immediato, una volta accertata la responsabilità del lavoratore, e non prevede l'indennità di preavviso.

Che cosa si intende con l’espressione “giusta causa”? Un motivo particolarmente grave, che fa venir meno il rapporto fiduciario fra lavoratore e datore di lavoro.

Ma vediamo nel dettaglio quali sono i motivi per cui un datore di lavoro può licenziare per giusta causa.

Le cause di licenziamento per giusta causa

Prima di analizzare i motivi di licenziamento per giusta causa, è bene distinguere tale concetto da quello di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Quest’ultimo avviene quando il lavoratore ha posto in essere un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, che ha comportato un grave pregiudizio all'impresa e ha minato la fiducia riposta circa la corretta gestione delle sue mansioni. Il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ma è tenuto al preavviso.

 

Il licenziamento per giusta causa, invece, è la conseguenza di una condotta talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro, anche in via temporanea.

Tra gli esempi di licenziamento per giusta causa troviamo:

  • l’insubordinazione verso i superiori;
  • il furto di beni aziendali;
  • minacce e violenze nei confronti del datore di lavoro o dei colleghi;
  • il danneggiamento di beni aziendali;
  • falsa malattia o infortunio;
  • l’uso fraudolento dei permessi della Legge 104;
  • la violazione del patto di non concorrenza;
  • le false timbrature del cartellino;
  • il rifiuto ingiustificato e reiterato a eseguire la prestazione lavorativa;
  • l’abbandono ingiustificato del luogo di lavoro, in una situazione in cui l’incolumità e la sicurezza dei colleghi sono messe in pericolo;
  • il lavoro per terzi durante il periodo di malattia;
  • una condotta extra lavorativa penalmente rilevante.

Quanto costa licenziare un dipendente a tempo indeterminato per giusta causa?

Per l’azienda il licenziamento ha un costo, anche quando avviene per giusta causa. Esiste infatti il cosiddetto “ticket licenziamento”, pari al 41% del massimale mensile di disoccupazione (il cui importo varia di anno in anno, e viene comunicato dall’INPS) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.

L’importo mensile così ottenuto deve poi essere moltiplicato per i mesi in cui il lavoratore ha prestato il suo servizio presso l’azienda.

Licenziamento per giusta causa e risarcimento danni

Secondo la legge, la giusta causa per il recesso dal rapporto di lavoro può verificarsi prima della scadenza di un contratto a tempo determinato o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato, quando si verifichi una causa che impedisca la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro.

Un elemento chiave della giusta causa è proprio l'effetto immediato: questa tipologia di licenziamento non richiede un preavviso, sebbene sia previsto un ragionevole periodo di tempo per l'indagine dei fatti contestati al lavoratore. A valutare la sussistenza della giusta causa, e la corretta proporzione tra le azioni e la sanzione (il licenziamento), è un giudice.

Se il giudice stabilisce che la giusta causa è illegittima, il lavoratore ha diritto a un risarcimento economico basato sulla sua anzianità di servizio (ed esente dal versamento dei contributi). L’importo deve essere pari a due mensilità dell'ultima retribuzione utile per ogni anno di servizio (in misura non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità).

Il lavoratore ha 60 giorni di tempo per impugnare il licenziamento, dal momento in cui gli viene notificato. Nel caso in cui non siano presenti giusti motivi per il licenziamento, il dipendente sarà reintegrato nel suo posto di lavoro e riceverà un'indennità proporzionata al suo salario, senza superare il valore di 12 mensilità.

Se il licenziamento è considerato illegittimo a causa della mancanza di giustificazione o di errori nel procedimento, l'indennità spetterà al dipendente in misura compresa tra un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità. Nel caso in cui il licenziamento violi i criteri stabiliti dalla Legge 223/91, l'indennità varierà da 4 a 24 mensilità.

 

 

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