Fino alla fine del 2012, tra i contratti di lavoro, vi era anche il contratto di inserimento professionale.

Introdotto dal Decreto-legge 276/2003, è stato abrogato dalla Legge 92/2012 (Riforma del Mercato del Lavoro). A partire dal 1° gennaio 2013, dunque, non è più stato possibile per le aziende assumere dipendenti tramite il contratto di inserimento.

Come funzionava il contratto di inserimento professionale

Lo scopo del contratto di inserimento era, per l’appunto, quello di inserire il lavoratore oppure di reinserirlo attraverso un percorso individuale, che lo aiutasse ad adattare le sue abilità ad un dato contesto lavorativo.

Il contratto poteva essere stipulato da precise categorie d’imprese (enti pubblici economici, associazioni professionali, associazioni socioculturali, associazioni sportive, fondazioni, enti di ricerca, organizzazioni e associazioni di categoria) per l’assunzione di lavoratori:

  • tra i 18 e i 29 anni;
  • con età compresa tra i 29 e i 32 anni, disoccupati da più di sei mesi;
  • maggiori di 50 anni e privi di occupazione;
  • intenzionati a ricominciare a lavorare, e privi di occupazione da almeno 24 mesi;
  • di sesso femminile, disoccupate da almeno sei mesi e con residenza in un’area geografica ad alto tasso di disoccupazione femminile;
  • portatori di handicap grave, mentale oppure fisico.

Il contratto di inserimento professionale doveva avere una durata compresa tra i 9 e i 18 mesi (36 per i lavoratori portatori di handicap), e non poteva essere rinnovato. Per usufruirne, l’impresa doveva aver mantenuto nell’organico almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento era scaduto nei 18 mesi precedenti.

Il datore di lavoro era chiamato a definire, insieme al lavoratore, un progetto individuale volto ad adeguare le sue abilità al contesto lavorativo. Inoltre, doveva mettere a sua disposizione una formazione tecnica teorica minima di 16 ore.

Contratto di inserimento professionale: i benefici per l’azienda

L’azienda che stipulava un contratto di inserimento professionale con un lavoratore di sesso maschile poteva inquadrarlo con due livelli inferiori rispetto ai lavoratori addetti alle stesse mansioni. Inoltre, i lavoratori così assunti non contavano nell’organico ai fini del Contratto collettivo né della normativa vigente.

I benefici fiscali di cui l’impresa poteva usufruire variavano a seconda dei soggetti coinvolti:

  • contribuzione ridotta del 25% per le imprese del Centro Nord, ad esclusione delle imprese commerciali e turistiche con meno di 15 dipendenti;
  • contribuzione ridotta del 40% per le imprese turistiche e commerciali del Centro Nord, con meno di 15 dipendenti;
  • contribuzione prevista per gli apprendisti per le imprese artigiane di tutta Italia;
  • contribuzione ridotta del 25% per i datori di lavori del Centro Nord non aventi natura d’impresa;
  • contribuzione ridotta del 25% per l’assunzione di donne.

L’apprendistato professionalizzante sostituisce il contratto di inserimento

Oggi, il contratto di inserimento professionale è stato sostituito  dall’apprendistato professionalizzante, rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni e finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato.

Con durata minima di 6 mesi e massima di 3 anni, l’apprendistato professionalizzante comporta per l’impresa il pagamento di un’aliquota agevolata variabile negli anni, a seconda del numero di dipendenti presenti (in alcune Regioni, lo sgravio contributivo può essere del 100%).

 


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